Tricolore
Azzerare il tricolore è come insinuare il dubbio nelle cose più ovvie e scontate, disorientare cromaticamente e simbolicamente un’istituzione, un concetto ormai assodato, incontrovertibile. Avviare un’operazione mnemonica e ricominciare ad osservare un’immagine sempre saputa ma mai vista attentamente.
Il bianco e nero vuole essere un depistaggio semantico, ponendo in questione la scala dei grigi che nelle diverse gradazioni alludono al tricolore italiano, ma che potrebbe essere anche quello francese o del Belgio o di chissà quale altra nazione.
C’è bisogno di un atto di fede nel riconoscere i colori nei grigi, c’è bisogno di una partecipazione attiva in chi guarda.
Le 12 stelle d’Europa non brillano più, galleggiano grigie nel mare ancora più grigio.
Il giallo e l’azzurro, colori metaforici di un’Europa piena di propositi esaltanti e di collettivo progresso, scolorano le aspettative e livellano i contrasti, si adagiano rassegnati su un piano stinto. Il rapporto cromatico cede il posto a quello tonale, debole e privo di energia, svuotato di senso come nei simboli dei vecchi partiti politici ormai logori nel profondo e nella grinta iniziale.
Come per la bandiera italiana, c’è bisogno anche qui di un atto di fede: scorgere i colori nei grigi, acquisire lungimiranza politica e poetica, oltre la visione, oltre la strategia, l’ideologia.